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PROVERBI e DETTI
 

 

          

Questa pagina riporta alcuni proverbi e detti che fino a qualche tempo fa hanno rappresentato il modo di vivere della nostra gente; hanno scandito i ritmi della quotidianità e suggellato comportamenti, usi e costumi. Questa piccola raccolta vuole dare un modesto contributo all’espressione della saggezza popolare di un tempo.

Spesso li abbiamo ascoltati dai nostri genitori e da molta gente di Cariglio. Più avanti, con sfumature fonetiche diverse, li abbiamo ascoltati anche in altri paesi della Calabria.

Dettati e formulati dalla saggezza e dalla fantasia di un popolo intelligente come il nostro, speriamo restino duraturi come esempio e monito per le generazioni future.

 

'mbarati culu

(E' un po' volgare ma ha un fine educativo)
 
"m'barati culu
quannu si sulu
ca quannu sì accumapagnatu
ti trovi sbrigugnato".
 
(E' evidente il riferimento alle scoregge, e il proverbio consiglia di abituarsi a controllare gli sfinteri, altrimenti quando si è in compagnia si rischia di fare brutte figure).
 
Un altro detto invece sostiene di più le necessità fisiologiche affermando
"simu nati grupati
ppì nun murì cripati". 

è megliu fissa ca sinnàcu

(E’ meglio essere fesso che essere sindaco) – Meglio vivere la condizione spensierata di balordo e avere dei privilegi che vivere la condizione di sindaco e avere un sacco di problemi; e poi, chi è fesso lo è per tutta la vita, al contrario di chi è sindaco che dopo un periodo di tempo deve lasciare l’incarico.

è megliu n’amicu cà cèntu ducati

(E’ meglio avere un amico che cento ducati) – La persona saggia e avveduta sa che un vero amico è sicuramente meglio di ogni altra ricchezza.

quànnu chjiòva e nù fa zànca

(Quando piove e non fa fango) – Un modo per dire che alcune cose non si faranno mai; ovvero,si faranno solo quando piove senza produrre fango.

òmu finìtu i mèti e di pisà

(Abbiamo finito di mietere e di trebbiare) – La metafora evidenzia l’afflizione e la rassegnazione che sopravvengono quando si vivono momenti di tribolazione, consci, di non avere più alcuna possibilità di tornare a vivere un periodo bello e armonioso come quello passato.

a lavurà Micuzzu Micuzzu a mangià Micuzzu nu càzzu

(A lavorare Micuzzo Micuzzo a mangiare Micuzzo un cazzo) – Tipica condizione adulatoria, formulata da chi vuole e sa di sfruttare il lavoro degli altri, badando egoisticamente solo al proprio tornaconto

ù prèviti i Cirivicòtu và ppi fricà e rimana fricòtu

(Il prete di Cervicati va per fregare e rimane fregato) – Chi pensa o crede furbescamente di dare una fregatura senza aver fatto bene i conti, spesso, rimanendo vittima delle proprie trame, la fregatura la riceve.

a fàtt’u guadagn’i Cazzetti, cumbira a gottu e binn’a setti

(A fatto il guadagno di Cazzetti, compra a otto e vende a sette) – Chi non da la giusta valutazione alle cose che acquista o alle cose che svolge, può trovarsi nella condizione di rivenderle sotto costo o di accettare situazioni svantaggiose e di sottomissione.

u diavulu un tena pècuri e và binnenn’a lana – (Il diavolo non ha le pecore e vende la lana) – Le apparenze spesso ingannano. Il detto và inteso come monito a non prestare attenzione a chi offre facili tentazioni.

a rà squagliàta da nivi si vidan’i ramagli

(Quando la neve si scioglie si vede la ramaglia) – La metafora è da intendersi essenzialmente come verifica della bontà delle promesse che si fanno; poiché, solo alla fine di ogni percorso (la neve che si scioglie) si ha la certezza dell’esito.

a tèmp’i chjina ogni strùnzu galleggia

(In periodi di piena ogni stronzo galleggia) – In tempi di abbondanza e benessere, anche il più inetto degli uomini ha la possibilità di mettersi in mostra.

u cùlu cu nà bbistu mai cammisa, na vota ca la bbista l’ha cacàta

(Il culo che non ha visto mai una camicia, la prima volta che l’ha vista l’ha cacata) – Chi non è abituato ad avere cose belle e particolari, appena gli capita di averle le usa male e le rovina subito.

cunzigl’i vùrpi distruzion’i gaddrini

(Consiglio di volpi, distruzione di pollai) – I furbi si riuniscono in consiglio per far fuori gli ingenui.

tròn’i cùlu malutemp’i mmerda

(Tuono di culo tempesta di merda) – Orecchio ai rumori; il fragore di un tuono annuncia una tempesta d’acqua, quello di un peto una grande cacàta.

àrburu ca ti chiami sàlicuni, quànnu mai aru mùnnu à fattu beni, tinni stà sembi a ssà ras’i vaddrùni, né pòrti frùttu né frìscu mantèni.

(Albero che ti chiami “salicone” (salice selvatico), quando mai al mondo hai fatto bene, te ne stai sempre in un angolo del vallone, ne produci frutti, ne fai ombra) – La metafora si menziona ogni volta che si vuole sottolineare l’inutilità dell’operato di un individuo (un vagabondo o un buono a nulla)

cc’aiùtu nà furmìcula ti po’ dunà si ti vida ntà nu fòssu pirrupà

(Che aiuto ti può dare una formica, se ti vede in un fosso sprofondare) – Non ti aspettare aiuto da chi non ha la forza di dartene; ne pratico ne morale.

Pàtti chjari amicizia lònga

(Patti chiari amicizia lunga) – Il saggio chiarisce con la controparte le regole da seguire prima di intraprendere qualsiasi azione. Nei tempi passati, il detto assumeva un particolare significato specialmente nei contratti di matrimonio.

a nuttàta e ra figlia fìmmina

(La nottata e la figlia femmina) – Sarcastica sottolineatura che indica l’inutilità dell’evento. Il detto si riferisce in particolar modo alla “cultura maschilista” della società contadina di un passato neanche tanto lontano, che dava poca importanza alla nascita delle figlie femmine.

si simini spini un caminà scàvuzu

(Se semini spine non camminare a piedi nudi) – Chi fa del male, specie se volontario, se non vuole riceverne a sua volta, dovrà fare molta attenzione e prendere tutte le precauzioni.

u pisci puzza da còpu

(Il pesce puzza dalla testa) – Il detto sottolinea il comportamento poco edificante di una persona conosciuta come leader o capo. Quando un capo famiglia o un capo di una organizzazione da cattivi esempi di vita, spesso, anche i figli o i dipendenti si comportano allo stesso modo.

chini stà spiranza all’atri e nun cucina, a sira si va ccùrca a ra dijuna

(Chi spera negli altri e non si fa da mangiare, la sera va a dormire digiuno) – Chi non si da fare e spera nell’operato degli altri per risolvere i propri problemi, finisce per non risolverne nessuno.

chini si cùrca (o si miscka) ccu ri guagliùni, a matina si tròva cacòtu

(Chi dorme (o sta) con i neonati, la mattina dopo si trova con la cacca addosso) – La saggezza impone che i problemi degli adulti siano risolti dagli adulti, si evitano cosi possibili guai causati dalla poca esperienza dei giovani.

a gaddrina fa l’òvu e a ru gàddru li chjiura ru cùlu

(La gallina fa l’uovo e al gallo gli brucia il culo) – Tipico atteggiamento di chi vuole apparire, sapendo di sfruttare l’operato degli altri.

binidica, binidicòmu, chjù picca simu chjù mègliu jòmu (o stòmu)

(Benedica, benediciamo, meno siamo e meglio andiamo ( o stiamo) – Chi deve prendere importanti decisioni preferisce consultarsi con poche e fidate persone. Essere pochi ma buoni è una benedizione.

chini vò u mali i l’atri, u sò è arrèt’a porta

(Chi vuole il male degli altri, il proprio è dietro la porta) – Invocare, augurare o procurare il male per gli altri, non garantisce l’incolumità dal proprio che, purtroppo, è vicino e sempre in continuo agguato.

chini tèna pena da pèddra i l’atri, a sua sa màngianu i cani

(Chi ha pena della pelle degli altri, la sua se la mangiano i cani) – Chi si preoccupa e si da pena per i problemi degli altri, spesso finisce per trascurare i propri, con conseguenze avvolte pesanti.

ù Patriternu manna pàni a chin’un tènadènti

(Il Padreterno manda pane a chi è senza denti) – Il detto evidenzia impietosamente la difficoltà che alcuni hanno ad utilizzare ciò che posseggono; inteso anche come doti personali innate.

addrùvi c’è gustu un c’è pendenza.

(Dove c’è gusto non c’è nulla da perdere) – Tutto ciò che si fa con piacere e con amore non fa prezzo.

fàt’ì cazzi tò ca campi cent’anni – (Fatti i cazzi tuoi e camperai cent’anni) – Eloquente e persuasivo invito a vivere la vita badando esclusivamente alle proprie cose. Chi non ha la “vocazione” del ficcanaso, vive meglio e più a lungo.

po’ ffa chjiòvi e scambà – (Puo far piovere e spiovere) – Il detto si riferisce a persona potente e molto influente.

i corni su cum’i denti, fònu mali appena spùntanu; doppi, però, aiùtanu a mangià.

(Le corna sono come i denti, fanno male appena spuntano; dopo, però, aiutano a mangiare) – Triste ed accomodante esistenza, di chi vive l’umiliante ma consapevole condizione da “becco”

a ttavula mìsa, chin’u mangia ci fà ri spìsi.

(A tavola servita, chi non mangia ha solo da perdere) – Spesso la vita offre delle opportunità inaspettate e del tutto gratuite; chi non ha la perspicacia per saperle sfruttare, ha solo da perdere.

Figl’ì gatta sùrici pìglia

(Figlio di gatta prende i topi) – I figli dei gatti, come i genitori, cacciano i topi – Generalmente i figli seguono le orme dei genitori; nel bene e purtroppo, spesso, anche nel male.

mègliu sùlu ca mal’accumpagnòtu

(Meglio solo che male accompagnato) – La condizione di solitudine certe volte viene auspicata; specialmente nei momenti in cui bisogna prendere importanti decisioni.

gent’i marina, futt’è camina

(Gente di mare, fotte e va via) – Il detto suona come monito a non prestare troppa fiducia ai marinai, specialmente a quelli imbarcati sulle navi. Il fascino suscitato dalla loro condizione di girovaghi, agevola la fama di conquistatori. I marinai si sa, “rubano” l’amore in ogni porto e scappano -

l’abbùttu un crìda a ru dijùnu

(Chi è sazio non crede a chi è digiuno) – E’ molto difficile immedesimarsi nelle sofferenze altrui, specialmente quando si naviga nell’abbondanza.

Quànnu tròna du Citròru fujitinni nt’ù pagliòru; quànnu tròna d’Amantia, pigli’à zappa e bà fatiga - (Quando tuona da Cetraro, riparati nel pagliaio; quando tuona da Amantea, prendi la zappa e vai a lavorare) Previsione meteorologica che interessava il nostro territorio, adottata in passato dai nostri contadini, in base alla quale, secondo la loro esperienza, quando tuonava da Cetraro bisognava ripararsi perché presto veniva a piovere; al contrario, quando tuonava da Amantea, si poteva continuare il lavoro dei campi, perché il più delle volte, il temporale non arrivava.,

vìnu amòru tenàlu còru(Vino amaro, tienilo caro) – Detto contadino che invita a conservare il vino dal gusto aspro e amaro.

a Santa Lucia nù pass’i gaddrina, da Santa Lucia a Natali nù pass’i cani, da Natali avanti nù pass’i giganti - (A Santa Lucia un passo da gallina, da Santa Lucia a Natale un passo di cane, da Natale avanti un passo da gigante) – I nostri antenati utilizzavano questa formula per indicare il leggero ma graduale aumento di luce solare nei giorni che vanno da S.Lucia (giorno più corto) fino al solstizio d’inverno (22 Dicembre), e il notevole aumento di luce dal giorno di Natale in poi.

s. Andrea porta ra nòva, quàttru Barbara e sei Nicola, gòttu Maria, tridici Lucia e ru vinticinqu lu Missìa - (S.Andrea porta la nuova, quattro Barbara e sei Nicola, otto Maria, tredici Lucia e il venticinque il Messia) – Il detto descrive il modo con cui i nostri antenati annunciavano le feste nel periodo dell’Avvento; Il 30 Novembre, infatti, si festeggia S. Andrea Apostolo, che introduce le festività di: Santa Barbara (4 Dicembre), San Nicola (6 Dicembre), l’Immacolata (8 Dicembre), Santa Lucia (13 Dicembre) e il Santo Natale (25 Dicembre)

a San Martìnu ogni mùstu è bìnu, a San Nicola d’ogni bùtta si fa ra prova, a ra Macculàta ogni bùtta vòtrividdrata – (A San Martino ogni mosto è vino, a San Nicola di ogni botte si fa la prova, all’Immacolata ogni botte va trivellata) – Tre date del periodo autunnale, che i nostri contadini scandivano per verificare la bontà del vino novello.

u bontèmpu si vida da matina - (Il bel tempo si vede dal mattino) – Ogni cosa che inizia bene, lascia sperare in un prosieguo ed un epilogo positivi

u piaciri dù ciùcciu è ra gramìgna - (Il piacere dell’asino è la gramigna) – A volte, la testardaggine come quella asinina, induce a dar troppo peso a cose o a sentimenti di poco conto. La gramigna non è un’erba prelibata, tuttavia l’asino la preferisce e se ne giova.

attacca u ciùcciu addrùvi vò ru patroni e làssa ca su màngian’i cani - (Attacca l’asino dove vuole il padrone e lascia che lo mangino i cani) – Il servo saggio si limita a dare solo suggerimenti e non contraddice mai la volontà del padrone.

primu vid’u cursùni e doppi dicia sanpavulu – (Prima vedi la serpe e dopo dici San Paolo) – Non fasciarsi la testa prima di averla rotta.

a chjàngi u mòrtu su lacrimi persi - (A piangere il morto sono lacrime perse) – La vita va vissuta in tutti i suoi aspetti impegnandosi di sfruttare al meglio ogni opportunità che essa offre. Recriminare per la occasioni mancate è solo una perdita di tempo

u pòrcu si sonna semb’i gliandri – (Il maiale sogna sempre le ghiande) – Chi ha la tendenza o un debole per una cosa, sogna sempre di volerla.

a mègliu mòrti è chira subitanèa – (La miglior morte è quella istantanea) – Un tempo chi moriva a causa di un infarto, veniva considerato fortunato rispetto a chi era costretto ad affrontare il duro calvario di una lunga degenza a letto. Il detto va inteso anche come un atto di coraggio, per chi prende una decisione senza pensarci tanto.

a cràpa su mangia rigùma – (La capra se non mangia rùmina) – Analogo atteggiamento di chi non riesce a staccare la spina della routine perché tutto gli rimugina nella mente.

ciùcci calabrìsi e mùli un pisciànu mai sùli – (Asini, calabresi e muli, non pisciano mai soli) – Ognuno ha le proprie abitudini e le proprie usanze

a gàtta pressarola fa ri figli cicàti – (La gatta frettolosa fa i figli ciechi) – La fretta non è buona consigliera. Chi fa le cose in fretta, il più delle volte le sbaglia.

a vìcchiaja è nà carogna – (La vecchiaia è una carogna) – Pesante e brutta analogia fra la vecchiaia e i resti di una carcassa.

a gaddrìna ca camìna porta ra vozza china – (La gallina che va in giro porta il gozzo pieno) –Un tempo, chi andava in giropercampagne e borghi, spesso riusciva a racimolare qualcosa da portare a casa ( a volte illecitamente)

misckati ch’i megl’i tia e facci i spisi – (Frequenta chi è migliore di te, anche se ti costa) – Frequentare chi può arricchire il tuo bagaglio culturale e umano, giustifica anche qualche sacrificio.

pi canusci bònu a unu ti ccià mangià assèmi na ruva i sali – (Per conoscere bene uno, bisogna consumarci insieme ca.75 kg di sale) – Per conoscere bene il carattere di una persona occorre molto tempo; secondo i nostri avi quattro lustri:più o meno il tempo necessario a consumare “na ruva i sali” ca.75 kg.

chini unn’àsulia a ra mamma e a ru pàtri, trova ru diàvulu scatinòtu – ( Chi non ubbidisce ai propri genitori, incontra il diavolo scatenato) – Non seguire i consigli dei propri genitori vuol dire proporsi con l’animo al maligno.

raccumanni i pècuri a ru lupu – (Raccomandare le pecore al lupo) – E’ proprio vero che bisogna stare sempre con gli occhi aperti; a volte le delusioni più cocenti arrivano da chi non te li aspetti.

 a ra casa di pizzènti un mancan’i stòzzi – (A casa dei poveri non mancano i tozzi) – A casa dei poveri trovi sempre qualcosa da mangiare, poiché i tozzi di pane vengono gelosamente custoditi.

acqua passata u macìna mulinu – (Acqua passata non macina mulino) – Il passato conta poco

cù ru gàddru e senza gàddru Diu fa jùrnu – (Con il gallo e senza il gallo Dio fa giorno) – Molta gente “infetta” da egocentrismo è convinta dell’indispensabilità del proprio operato; dimenticandosi, come fa capire il detto, che il giorno è opera di Dio e non del gallo.

a spica chjina si chjica, a vacanti stà tisa – (La spiga piena si piega e la vuota sta diritta) – Chi è probo e saggio è ricco, e come la spiga piena di grano, con umiltà è pronto a piegarsi. Chi è privo di valori importanti, al contrario, ostenta arroganza e grande ignoranza.

quattr’aprilanti jùrni quaranta – (Quattro giorni d’aprile, giorni quaranta) – I nostri avi sostenevano che le condizioni climatiche dei primi quattro giorni del mese di aprile durassero quaranta giorni.

tèna ru mal’i ndò: mangià si e fatigà no – (Ha il male di ndò… mangiare si lavorare no) – Il furbo, pur di non lavorare è capace di inventarsi ogni tipo di malattia.

u prìm’a sènt’a pùzza è chìru ca fa ru pidìtu – (Il primo a sentire la puzza è colui che fa il peto)Chi commette illeciti ha la coscienza sporca; e, spesso, e lui il primo a tradirsi.

tèn’u lùpu e ba truvànn’a pidata – (Hai il lupo, perché vai in cerca della sua impronta) – Certe volte, scioccamente, ci ostiniamo di cercare altrove ciò che da sempre, abbiamo avuto a portata di mano.

a lavà a còpu a ru ciùcciu e tèmpu persu – (Lavare la testa all’asino è tempo perso) – Fare alcune cose a volte e del tutto inutile.

a màla nova a porta ru vèntu – (La brutta nuova la porta il vento) – Le notizie cattive arrivano a destinazione con grande rapidità

i parènti su cum’i scàrpi: chjiù su stritti e chjiù fònu mali – (I parenti sono come le scarpe: più sono strette più fanno male) – La partecipazione alla vita familiare dei parenti più stetti, suscita sovente incomprensioni e gelosie, tanto che, alcune esternazioni, a volte, fanno male come le scarpe quando sono troppo strette.

a vòglia cà ti pèttini e t’allìsci cà pì pàri bèddra si cì nasci – (E’ inutile che ti pettini e ti trucchi, si è belli solo se cosi si nasce) – E’ inutile cercare di cambiare il proprio aspetto con trucchi e alchimie, chi è bella è bella sin dalla nascita. Il detto va inteso anche come un invito ad una maggiore autostima. Tutto sommato la bellezza non è solo quella apparente.

 a fìmmina ch’è bèddra pì natura, chjiù scammisàta và chjiù bèddra para – (La donna che è bella per natura, più scamiciata và più bella pare) – La bellezza innata non subisce condizionamenti alcuni. In una donna bella, la poco apparente cura nel vestire, esalta ancor più la sua innata bellezza.

amìcu cù tutti e fedele cù nùddru – (Amico con tutti e fedele con nessuno) – Lasciarsi una finestra aperta è saggio e sempre opportuno.

a chjòvi e a murì un ci vò nènti – (A piovere e a morire non ci vuole niente) – Per ogni evenienza, non conviene mai abbassare la guardia.

 a ra mortì un c’è rimediu – (Per la morte non c’è rimedio) – A tutto si può rimediare tranne che alla morte.

chjiù scùru da menzannòtti un po’ binì – (Più buio della mezza notte non può venire) – Se la notte è buia, a mezza notte è buio pesto che più non si può. Il detto viene enunciato quando, insicuri dell’esito di una operazione, come risultato finale, per evitare spiacevoli sorprese, si mette in conto il massimo della negatività.

 chjiònu mèrlu c’a via è pètrusa – (Piano merlo che la via è pietrosa) – Il detto suona come monito a non dar tutto per scontato; spesso la via è piena d’insidie ed è facile inciampare.

 cèntu mùschi s’acchjiàppanu cu nà gucc’i mèli, unn’acchjiàppi nùddra cu nù quintal’i fèli – (Cento mosche si catturano con una goccia di miele. Non nè catturi neanche una con un quintale di fiele) – La dolcezza e l’amore, pur se erogati in piccole quantità, garantiscono sempre esiti positivi. Tanta boriosità e arroganza, garantiscono il risultato opposto.

chi di spirànza campa dispiròtu mòra – (Chi di speranza vive disperato muore) – Chi vive la propria esistenza nella continua speranza in facili traguardi, spesso, finisce i propri giorni nella più totale disperazione.

chini pratica ccu ru zòppu si mbàra a zoppichià – (Chi pratica con lo zoppo impara a zoppicare) – Emulare le persone a volte è pericoloso, specialmente quando si acquisiscono solo i difetti.

a gaddrìna vecchjia fa bon bròdo – (La gallina vecchia fa buon brodo) – Le persone mature fanno le migliori cose.

a mègliu parola e chira cu ghèscia da vùcca – (La miglior parola è quella che non si pronuncia)E’ proprio vero che il silenzio e d’oro.

u sùli scàrfa chini vida – (Il sole riscalda chi illumina) – Chi è più dinamico e intraprendente riesce meglio a mettersi in mostra, e spesso dalla vita viene premiato. E’ da intendersi anche come un invito a frequentare chi può darci un aiuto.

si rispetta ru cani p’amùri du patroni – (Si rispetta il cane perché si rispetta il padrone) – Chi rispetta una persona, rispetta tutto il suo entourage e ciò che gli appartiene.

sa chjiù u ciòtu a ra casa sua cù spèrtu a ra casa i l’atri – (Sa più lo sciocco a casa sua che l’intelligente a casa d’altri) – La presunzione di sapere tanto è una brutta malattia. Ognuno, in fondo, conosce meglio e più di tutti l’ambiente in cui vive.

quànnu si ncùdine statti e quànnu si martèddru vatti – (Quando sei incudine incassa i colpi e quando sei martello picchia forte) –Particolare condizione, spesso proposta dalla vita. Quando capita, è bene assecondare ogni situazione e comportarsi di conseguenza.

fa bene e scordati, fa mal’e penzaci – (fai bene e scordati, fai male e pensaci) – E’ il migliore dei suggerimenti e andrebbe sempre seguito.

chini paga avanti si mangia ru pisci fitusu – (Chi paga prima mangia il pesce neno fresco) – Chi si fida troppo, specialmente negli affari, può incappare in qualche fregatura.

a prima frissurata o cotta o vrusciàta – (La prima frittata o cotta o bruciata) – Il detto si enunciava prima del matrimonio della prima figlia, e tendeva ad evidenziare la bella figura o meno che l’evento procurava.

l’òmu ppi ra parola e ru vò ppiri corni – (L’uomo per la parola e il bue per le corna)-Ogni essere si distingue per le proprie attitudini.

l’arburu senza frùttu taglial’i sùtta – (L’albero che non da frutto taglialo da sotto) – Il detto è da intendersi anche come un invito a tagliare i rapporti con la gente poco raccomandabile.

quànnu vidi tròppu cani a nn’ossu a mègliu cosa ca pò fa è sta ar’arràssu – (Quando vedi troppi cani attorno ad un osso, la migliore cosa che puoi fare e stare alla larga) – La non partecipazione ad una competizione troppo interessata può evitare di cacciarsi in possibili guai.

l’acqua passa e chin’ù bbiva è fissa – (L’acqua passa e chi non beve è fesso) – La vita offre opportunità in continuazione, ad ognuno il compito di valutarne la bontà e saperle sfruttare. Sciocco chi non lo fa.

quànnu stà bònu vena rà mòrti – (Quando stai bene arriva la morte) – Dopo una vita di tribolazioni e sacrifici, quando pensi di goderti il meritato riposo, si muore e tutto finisce.

quànn’u ciùcciu u bò acqua avoglia ca fìschj – (Quando l’asino non vuole acqua e inutile insistere) – Con il fischio si incita l’asino a bere. A volte però, malgrado ciò, l’operazione risulta inutile e l’asino non beve. Spesso, l’analogia si può tracciare in seguito all’operato di alcune persone che, nonostante l’invito a cambiare atteggiamento, continuano a comportarsi allo stesso modo.

 ogni bbùtta duna ru vinu ca tèna – (Ogni botte da il vino che contiene) – Ognuno da solo ciò che riesce ad esprimere.

a rù lùstru di cannili né fimmini né tili – (Alla luce delle candele né femmine né tele) – Il detto è essenzialmente un invito a verificare la bontà delle scelte con la massima chiarezza, specialmente le scelte di vita.

si tutt’i cèddri canuscèrran’u grònu, avèrramu finitu i mangià pani – (Se tutti gli uccelli conoscessero il grano, avremmo finito di mangiare il pane) – Meno male che, in questo detto, almeno gli uccelli, vengono tenuti fuori dalla globalizzazione.

a fatiga da fèsta tràsa da porta e gghèscia da finèstra – (Il lavoro della festa entra dalla porta ed esce dalla finestra) – La domenica e le feste comandate sono per i credenti giornate dedicate al Signore. Un tempo, il rispetto per questi giorni era particolarmente sentito. Per questo, in tanti, consideravano il guadagno del lavoro festivo effimero e maledetto.

chìddru c’ù ssà e cum’acchìddru c’ù bbida – (Colui che non sa e come colui che non vede) – L’ignoranza è la cecità dell’intelletto.

quann’arrìvi ara sissantina, lass’u cùnnu e piglia u vìnu – (Quando arrivi a sessanta anni lascia il sesso e datti al vino) – Ogni età è caratterizzata da diverse esigenze fisiologiche. Un tempo a sessant’anni si era particolarmente stanchi e vecchi, e il vino,per molti, sopperiva ai piaceri del sesso.

u vò chjiàma curnùtu aru ciùcciu – (Il bue chiama cornuto all’asino) – Tipico atteggiamento di chi, ad ogni costo, vuole vedere negli altri i propri difetti.

chìni tròppu l’affina po’ a spèzza – (Chi troppo tira la corda, finisce per spezzarla) – E’ come dire che la pazienza ha un limite e non bisogna provocarla troppo.

passàta a festa, passòt’u sàntu – (Passata la festa, passato il santo) – Una volta finita la festa, il santo viene dimenticato.

nà vòta appidùnu u fà mal’a nessunu – (Una volta per uno non fa male a nessuno) – Dividersi a turno eventuali responsabilità non procura gelosie e aiuta a vivere meglio.

ddruv’a genti senza figli ne ppi sordi ne ppi cunzigli – (Dalle persone senza figli ne per soldi ne per consigli) – La persona singola, per la cultura contadina veniva considerata vagabonda e poco avveduta; per questo non veniva considerata in grado di elargire consigli o soldi.

mort’ù cani, mort’à raggia – (Morto il cane, finita la rabbia) – L’eliminazione della causa del male pone fine al male stesso.

si cùmi l’urtimu buttuni da brachetta – (Sei come l’ultimo bottone della brachetta) – Nei pantaloni, l’ultimo bottone della brachetta, quello più in basso, veniva tenuto sempre abbottonato; per questo motivo veniva considerato poco utile e poco importante. Venivano paragonati a questo bottone gli uomini senza carattere e di poco conto.

Mìsckat’i càrti e jocat’u culu – (Mischiati le carte e giocati il culo) – Occhio a chi bara; puoi giocarti tutto (anche il culo) ma dovrai essere tu a mischiare le carte.Va inteso anche come monito a non lasciare sempre l’iniziativa agli altri, specialmente negli affari.

pètrusinu ogni minèstra – (Prezzemolo in ogni minestra) – E’ colui che lo incontri da per tutto

mèrcuri mmènz’a simana – (Mercoledì al centro della settimana) – E’ colui che vuole sempre rimanere al centro dell’attenzione.

si vò pan’i sù cummèntu a fà u culu quantu nu màntu – (Se vuoi pane da questo convento, devi fare il culo quanto un manto) – La vita facile non esiste e in convento è ancora più difficile.

ntà l’òrtu ci vò l’omu mòrtu – (Nell’orto ci vuole l’uomo morto) – L’orto per produrre bene deve essere assistito continuamente.

òcchjiu cu bbida cori cu ddòla – (Occhio che non vede, cuore che non duole) –Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.

quànnu u pòrcu e abbùttu, arròzzula ru scìfu – (Quando il maiale è sazio, rovescia il trogolo) – una volta raggiunta la condizione di benessere desiderata, con troppa faciloneria, ci si dimentica delle cose che ci hanno permesso di conseguirla.

quànnu u diavulu t’accarìzza vò l’amina – (quando il diavolo ti accarezza vuole l’anima) – Chi ti adula con troppa insistenza spesso mira ad ottenere qualcosa.

abbivir’ì gaddrini quànnu chjiòva – (Dai da bere alle galline quando piove) – Il detto evidenzia l’inutilità di prestare attenzione a cose o ad avvenimenti nei momenti meno opportuni.

è mègliu nu savùcu avant’a porta ca nu fògu a ra muntàgna – (E’ meglio avere una pianta di sambuco d’avanti casa che un albero di faggio alla montagna) – Chi si contenta gode.

 aprili fa ru jùri e mòiu tene ru nùri – (Aprile fa il fiore e maggio ha l’onore) – Tipica condizione di chi lavora per gli altri senza apparire, e spesso senza neanche il giusto riconoscimento.

un sì livun’i crucifissu – (Non sei legno per fare crocifissi) – Chi non ha una buona personalità, difficilmente raggiungerà traguardi significativi, e difficilmente potrà diventare importante, come importante è il legno del crocifisso.

ogni màndra tèna na pècura zòppa – (Ogni gregge ha una pecora zoppa) – Come dire che in ogni famiglia o in ogni comunità c’è qualcuno con seri problemi.

u pìrchjiu u màngia ppun cacà – (L’avaro non mangia per non cacare) – Chi è avaro all’inverosimile, pur di non spendere un solo centesimo, a volte preferisce privarsi anche delle cose essenziali per il proprio sostentamento.

nà mamma e nù pàtri cuvèrnanu cèntu figli, e cèntu figli u ccuvèrnanu nà mamma e nù patri – (Una mamma e un papà danno da mangiare a cento figli, e cento figli non riescono a dar da mangiare a una mamma e a un papà) – Se l’amore umano è il sentimento più intenso, quello dei genitori verso i figli è più struggente che mai. Due genitori sapranno sempre badare a più figli (anche cento) e spesso più figli non riescono a badare a due genitori.

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cucinala cumi vò, ma è sembi cucùzza – (Cucinala come vuoi, ma resta sempre una zucca)

chìni sparti tena ra mègliu parti – (Chi divide in parti, tiene per se la parte migliore) –

si dicia ru piccòtu e no ru piccatùru – (Si dice il peccato e non il peccatore) –

i sòrdi fònu sòrdi, i pidùcchji fònu pidicchji – (I soldi fanno soldi, i pidocchi fanno pidocchi)

Diu ti guardi d’i vàsci cadùti – (Dio ti guardi dalle piccole cadute)

quann’i mulinari si scerranu, guardat’a farina – (Quando i mugnai litigano, guardati la farina)

pàta ru giùstu ppi ru piccatùru – (Patisce Il giusto per il peccatore)

u rùssu si vìda du mùssu –(L’umore si vede dal sorriso)

a pràtica fa ra grammatica – (La pratica fa la grammatica)

si t’affucà, affùcati a nnu mari grànni – (Se devi affogare, fallo

a zita è bèddra ma unn’abbàddra – (La sposa è bella ma non balla)

ammùccia ammùccia ca pàra tuttu – (Nascondi, nascondi, ma si vede tutto)

na bbòtta a ru circhjiu e nàtru ara vùtta – (Un colpo al cerchio e un altro alla botte)

gànnu è mòrtu Pètru e aguànnu arriva ru fètu – (L’anno scorso è morto Pietro e quest’anno arriva la puzza)

cùru fòcu e cambòtu e cùru pan’è mòrtu – (Con il fuoco è sopravvissuto e con il pane è morto)

ì guai da pignàta i sa ra cucinara – (I guai della pignatta li conosce il mestolo)

vèsta truncùni ca pari barùni – (A volte l’abito fa il monaco)

fa nu viaggiu e dua sirivizia – (Fai un solo viaggio e due servizi)

chini prima un pènza dòppi suspira – (Chi prima non pensa dopo sospira)

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all’àmbami ncùlu! ….ha ditt’u mònacu –

ari cani dicènnu!

scjòccu mè!

arràss’i tutti!

pitta avanti fùrnu

salut’è fraschi ….ha ditt’a cràpa

ha fatt’ù viàggiu!

viat’a ttia

chin’a vò còtta e cchin’a vò cruda

ciucciu vasciu para puddritru

i dulura cantanu u Credo!

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