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E’ la frazione più grande del comune di Fuscaldo. Il suo territorio, che per vastità potrebbe rappresentare un comune a sè stante, si sviluppa tra i corsi d’acqua dei torrenti Trappeto a sud e Lavandaia a nord e comprende oltre a numerosi piccoli casolari, le piccole borgate di:Trappeto, S.Maria del Piano, Collo,Fascina,Gelsomino, Jovino, Madonnella, Lago, Cerro,Ponte Serra, Pianette, Salimati, Santo Jannello, Oliveto, Armenia, Marri e Cava di Coppa; da sud ovest a nord-est è caratterizzato da una propaggine di rocce sedimentarie e metamorfiche che parte dai 100 mt s.l.m. della contrada Trappeto fino a raggiungere gli 850 mt del Cozzo della Monaca dove si collega con la catena costiera calabra. Lungo questa propaggine, la cui successione stratigrafica sedimentaria denuncia un’età altomiocenica, su un’altezza compresa fra i 150 e 250 mt s.l.m., si adagia l’abitato del ridente paesino di Cariglio.

La vista dal centro abitato per chi guarda ad ovest, dapprima si posa sul terrazzo alluvionale eustatico del piano di S. Nicola, su cui sorge l’antica chiesetta di Santa Maria del Piano o Della Candelora, per perdersi immediatamente dopo nell’azzurro del tirreno in uno scenario naturale molto suggestivo, prodotto da quel tratto di mare compreso fra lo “scalo della Guardia” a nord e il punto in cui la collina su cui sorge contrada Androni a sud consente il guardare.

L’agro su cui sorge il centro abitato, alcuni secoli fa doveva essere coperto da una fitta vegetazione composta per lo più da alberi di cerro e da altre specie di quercia. Il cerro (quercus cerris), simile alla quercia, è una pianta molto diffusa nella vegetazione della macchia mediterranea. Le cerrete, generalmente esposte ad altitudini comprese fra i 400 e i 600 mt. hanno sempre rappresentato una peculiarità fra i boschi dell’appennino meridionale. Per quello che ci riguarda, non è errato supporre che il piano arboreo della nostra zona esistente alcuni secoli fa, fino ai 600 mt. era per lo più rappresentato dal cerro, dalla roverella e da altre specie di quercia e dal castagno e dal faggio alle quote più alte.

Nella nostra zona, così come in diverse altre zone della Calabria, per indicare l’albero del cerro si è utilizzata e si utilizza tuttora una forma dialettale del fitonimo che è: “cariglio”. Verosimilmente, anche i nostri avi, con il termine “cariglio” volevano indicare la qualità di questo vegetale. Solo dopo la costruzione del primo nucleo abitativo del nostro paese lo stesso termine venne utilizzato per indicare quel luogo dando così origine all’attuale toponimo. Cariglio infatti, altro non è che il toponimo che deriva dal termine dialettale utilizzato per indicare l’albero del cerro. Questo vigoroso vegetale dunque a ragione può essere considerato l’albero tipico della nostra zona, ben meritevole di rappresentare quel biotopo, che alcuni secoli fa di questa specie vegetale doveva esserne completamente coperto.

Il riferimento all’albero del cerro tuttavia non è un’esclusiva assoluta per il nostro paese; basti pensare che a quest’albero fanno riferimento in Italia circa ottanta comuni, 14 dei quali, appunto, portano il nome di Cerro. Inoltre è’ significativo come una contrada limitrofa a Cariglio si chiami per l’appunto: Cerro. I resti di quella che doveva essere l’originaria vegetazione, oggi trova riscontro in un esiguo numero di esemplari di querce e cerri rimasti nei pressi di Cariglio e delle contrade limitrofe, a testimonianza di un rigoglioso passato naturalistico ormai quasi totalmente estinto.

Se esiste una spiegazione che giustifica l’origine del nome del nostro paese, non esiste purtroppo una che ne dia per certa la data della sua fondazione. Le ricerche effettuate dagli storiografi fuscaldesi De Seta e Lattari appaiono controverse e non chiariscono in modo esauriente questo quesito. Sulla scorta delle ricerche effettuate si può comunque asserire che i primi abitanti del nostro paese occupavano la piccola sottostante borgata di S. Angelo e altri piccoli casolari. L’intera comunità formata da circa 530 anime, originariamente era rappresentata da otto nuclei familiari che rispondevano ai cognomi di: Chimenti, Trotta, Scofano, Rao, Colosso, Masello, Carnevale e Mantuano. Da quando queste famiglie hanno vissuto a S.Angelo e negli altri casolari, con certezza non è dato saperlo; di sicuro sappiamo che alcune case della borgata di S. Angelo sono state abitate fino al 1965.

Le vecchie abitazioni ormai quasi totalmente distrutte, costruite nel quartiere oggi conosciuto col nome di arreti i catoja, fino alla forgia, molto probabilmente dovevano costituire il primo nucleo del nostro paese. Tuttavia, solo dopo la costruzione della Chiesa di San Giovanni Evangelista, sorta al centro dell’agglomerato intorno al 1760, la struttura urbanistica del centro storico ha assunto la consistenza e l’aspetto che oggi conosciamo.

Purtroppo, un documento che ci dia un quadro esatto sul numero e sui ceti sociali degli abitanti del nostro paese non esiste e forse è impossibile ricostruirlo. Ci piace comunque immaginare come i nostri antenati dediti per lo più alla pastorizia e all’agricoltura condividessero la loro esistenza con gentiluomini e briganti, con dottori e notai, con artigiani e industriali del baco da seta, con maestri e giovani garzoni, con ladri e disperati e con grande amore e partecipazione, con grandi sacrifici e forte spirito di adattamento vivessero, operassero, amassero e trepidassero fra le mura del nostro paese, tramandando di generazione in generazione fino ai nostri giorni quell’afflato di umana speranza di un futuro migliore.

 

   

 

 
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