I miei ricordi delle feste natalizieOgni Vigilia, S.Natale e Santo Stefano lo trascorrevamo a casa di zio Dante e zia Emma.
Il giorno di Natale si preparava la letterina e si metteva sotto il piatto di papà e di zio Dante, i quali non si accorgevano subito della presenza della busta che veniva con stupore trovata all'inizio del pranzo!
Naturalmente era un "do ut des": io ti scrivo la letterina e tu mi dai i soldi (penso mille lire). A volte c'era anche la recita a memoria della poesia imparata a scuola (e lì supplemento di regalo!)In cucina zia Emma e mamma.
Al braciere za Mitelesa (la nonna).
Il menù era sempre lo stesso: la Vigilia spaghetti, aglio e olio con alici salate e mollica di pane fritto! E poi tutto il ben di Dio: baccalà fritto con pipi arrigliati fritti (difficilissimi da fare), baccalà arrostito alla brace sempre con pipi arrigliati, e tante altri piatti che non ricordo. E poi i turdiddri col miricottu, la giurgiulena e torroni di tutte le taglie. Speciali i torroni di Bagnara che a Cariglio si conoscevano poco, ma che zio Dante si procurava a Cosenza, dove allora lavorava all'EnteSila.
Verso le undici di sera si cominciavano a sentire i primi colpi di furvuli e battimuru che anticipavano i colpi veri delle 24,00 quando si festeggiava la nascita "du masculu".A quell'ora zio Dante tirava fuori il fucile e giù due bei colpi calibro 0 del fucile a canne appaiate.
Il giorno di Natale, dopo la Messa, di nuovo a pranzo. Stavolta si andava sul pesante: pasta asciutta col sugo di carne e poi carne al sugo (ottima la cotica di maiale e i "tri carni" specialità che di questi tempi farebbe inorridire un bel po' di gente, magari quelli che mangiano il "setan" o la soia (arrassusia!!!).
Poi si passava al capretto al forno con le patate e l'origano. Ricordo che papà era goloso della testa che tagliata a metà aveva poco da mangiare, ma suo dire di grande prelibatezza. Il pezzo finale era il succhiaggio dell'occhio (sì, ora farà impressione, però era così............!). E poi ancora dolci come prima.
A cena era il momento dei tortellini emiliani in brodo che sembravano la panacea di tutte le scorpacciate precedenti. E poi......qualcosa che era rimasto il giorno prima, un po' di cascavaddru, un pezzettino di provolone silano, insomma...non si poteva stare a stomaco vuoto!
Il giorno di Santo Stefano si replicava e ci scappava anche un po' di salsiccia al sugo preparata l'inverno scorso e gelosamente custodita nel grasso e magari anche due fisuragli, ma due soltanto eh..........!
Noi ragazzi non mangiavamo molto però ricordo che assieme a Pina, Maria Teresa, Angelina, Pierluigi, Giacomo e Giancarlo ci facevamo delle grandi risate.
Ecco, ho questo bellissimo ricordo dei pranzi delle feste della mia infanzia ed adolescenza e volevo condividerlo con tutti i lettori di questo sito.
Buon appetito!
Pino Castagnaro
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